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12 set 2020 2 min

La BCE va per conto suo

C’è ormai un abisso tra gli obiettivi di politica monetaria della FED e quelli della BCE.

La scorsa settimana, Jerome Powel ha incentrato l’intero discorso programmatico sulla futura politica monetaria della FED parlando apertamente di piena occupazione e di crescita, rispetto ai quali ha rimosso qualsiasi vincolo di inflazione.

Ieri, invece, Lagarde ha specificato che né la crescita né la disoccupazione sono obiettivi della BCE che è concentrata sulla stabilità dei prezzi.

Nessuna attenzione al tasso di inflazione dell’Eurozona che la stessa banca ha previsto a 0,3% nel 2020, a 1,0% nel 2021 e a 1,3% nel 2022, né preoccupazioni per l’eccessivo apprezzamento dell’euro verso il dollaro. Del resto, ha chiarito Lagarde, neanche i cambi valutari rientrano nel monitoraggio della BCE.

A proposito di crescita, Lagarde ha espresso addirittura ottimismo perla caduta del PIL europeo sceso “solo” dell’8% rispetto alle aspettative di -8,7% ed ha prospettato una ripresa del +5% nel 2021 e del +3,5% nel 2022, a sottolineare che ci vorranno almeno 3 anni per tornare ai livelli di PIL pre-Covid.

Dunque, il tasso sui depositi resta al -0,5% ed il programma d’acquisto per l’emergenza pandemica (PPEP) resta fissato a 1350 miliardi, e sarà diluito mensilmente fino al 2021.

Così agendo, la BCE conferma di non essere una vera banca centrale bensì un fondo di stabilizzazione del mercato interbancario il cui unico obiettivo è l’unione bancaria.

I principali beneficiari di questa situazione saranno l’azionario americano ed i metalli preziosi nonché la FED che continuerà a svalutare il dollaro consentendo al Tesoro USA di correggere il proprio disavanzo commerciale. A pagare il conto sarà soprattutto l’economia reale dell’Eurozona, che continuerà ad importare deflazione.